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La manovra dei sotterfugi e il paese nel tunnel della crisi

Mentre in Parlamento si continua a discutere sui “miglioramenti” da apportare alla manovra, il governo arranca sotto la sferza implacabile della speculazione internazionale. I vertici incessanti tra i ministri della maggioranza dimostrano che la classe politica ha le idee confuse. Il 18 agosto, sotto l’infuriare dei mercati, il governo aveva approvato all’unanimità un decreto-legge “lacrime e sangue”, un decreto redatto da Tremonti per conseguire un solo obiettivo:  guadagnarsi la prima scialuppa di salvataggio europea, convincere la Banca centrale ad acquistare  titoli di Stato italiani. Era una manovra certamente ingiusta in alcune parti perché chiedeva sacrifici a chi già ne faceva pagando le tasse e le imposte alla luce del sole. La sua approvazione a tempi di record convinse però l’Europa –  compresi i tedeschi – che il governo intendeva perseguire finalmente la strada del risanamento e delle riforme strutturali. Arrivò la prima scialuppa di salvataggio.

Poi è venuta la penosa manifestazione di fine agosto: sindaci e presidenti di province, animati da istanze schiettamente conservatrici, hanno sfilato per il centro di Milano in polemica con la manovra di Tremonti. Risultato? Il governo si è calato le brache ritirando quei (pochi) provvedimenti che avrebbero consentito di risparmiare sul fronte della spesa improduttiva negli enti locali. Addio soppressione delle province e accorpamento dei piccoli comuni.

Non basta. La marcia indietro del governo è continuata quando si è saputo che dalla manovra, approvata in Senato con voto di fiducia, i tagli alla politica sono stati fortemente ridimensionati.  Ricordate gli stipendi dei parlamentari che la prima bozza della manovra – quella del 23 giugno – voleva rapportati alla media di quelli europei? Qualcuno in Parlamento ha introdotto un emendamento con cui si stabilisce che l’indennità deve essere pari alla media dei sei maggiori paesi del Vecchio Continente. Escludendo gli Stati ove i costi della politica sono più bassi, i politici son riusciti ad evitare un taglio di almeno 1.000 euro sui loro stipendi. E le incompatibilità? Sparita la norma che estendeva a tutti gli amministratori locali il divieto di cumulo delle cariche, il divieto di ricoprire il seggio parlamentare è rimasto solo per i titolari di cariche monocratiche negli enti locali e nei comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti: presidenti di provincia e sindaci. Quindi? Assessori, consiglieri comunali e provinciali potranno ricoprire il seggio di deputato o di senatore cumulando due stipendi pagati ovviamente dalla collettività. L’elenco dei privilegi, soppressi dalla manovra di Tremonti e ristabiliti di nascosto in Parlamento, potrebbe continuare.      

Insomma, quel che è rimasto in questa manovra dalle mille correzioni è la scure – pesante – sui ceti produttivi.  Il regime attuale poggiante su una serie interminabile di burocrazie improduttive è ancora in piedi. E i partiti dell’opposizione che fanno? Abbaiano nel tentativo di conservare la poca credibilità di cui ancora dispongono presso l’opinione pubblica addebitando a Berlusconi e alla sua maggioranza il disastro in cui ci troviamo. Il guaio è che non è colpa (solo) di Berlusconi. E’ il sistema Italia che sta arrivando al collasso. Secondo gli economisti di Citygroup il nostro paese chiuderà il prossimo anno con un arretramento dello 0,3%. Certo, possono sbagliarsi ma il rischio di entrare in recessione è dietro l’angolo.

Nel febbraio 1994, accennando all’irriducibile ostilità della classe politica e burocratica nei confronti delle riforme strutturali del sistema politico economico, il professor Miglio diceva:

La reazione rabbiosa che abbiamo dovuto fronteggiare è dipesa dal fatto che coloro i quali sanno per quali canali più o meno oscuri finiscono nelle loro tasche i danari che godono, la ricchezza che godono, sono prontissimi a capire quando c’è un taglio di quei canali. La costituzione federale è la classica costituzione fatta contro i parassiti. Non c’è nella storia del mondo un paese a regime federale che presenti il grado di corruttela di cui siamo oberati noi oggi. D’altra parte la reazione dei politici è anche comprensibile. Perché sono centralisti e anti-federalisti e tirano fuori le icone come la Patria che piange perché viene minacciata nella sua integrità. Perché centralismo e parassitismo sono due facce della stessa medaglia. Io devo scusarmi con voi se uso il termine “pidocchi” ma cosa volete farci…. il paese che siamo chiamati a cercar di cambiare è fatto così. E’ un paese ammalato da un esercito di pidocchi“.

Il professore venne deriso, attaccato da più parti con l’accusa di razzismo se non addirittura di demenza senile.Colpisce invece l’attualità di quel discorso. Il guaio è che, ora come nel 1994, l’Italia manca di una classe politica responsabile disposta a riforme radicali e impopolari per il bene del Paese: riforme che portino a una riforma integrale della Costituzione repubblicana in senso confederale e semipresidenziale. Berlusconi e Bossi hanno fallito. Il centro sinistra ha fallito. Non occorre stupirsi: quale politico di professione metterebbe a rischio la carriera politica limitando un sistema da cui trae tanti privilegi?

E’ di poche ore la notizia che il rappresentante tedesco del comitato esecutivo della Banca centrale europea, Jurgen Stark, ha rassegnato le dimissioni perché non condivide la politica di Francoforte a sostegno dei paesi in difficoltà: Grecia, Spagna e Italia. I tedeschi si chiedono perché dovrebbero aiutare paesi le cui burocrazie continuano a dilapidare i loro aiuti nella spesa pubblica improduttiva.

E’ un bel guaio. Senza scialuppe di salvataggio, è probabile che il Titanic Italia affonderà sotto le onde implacabili della speculazione internazionale. Qualora si configurasse tale scenario, sarebbe la fine dell’Euro o, a dir meglio, arriverebbe al capolinea l’Europa monetaria allargata ai Paesi più esposti alla speculazione internazionale (Spagna, Italia, Grecia, Portogallo).

Non è detto che questo sia un male per gli italiani: lasciati soli nel tunnel di questa crisi economica e politica, obbligati a resistere dalla dura lotta per l’esistenza, forse sapremo trovare con determinazione la via d’uscita fondando un nuovo regime vaccinato da ogni parassitismo.

Usciremo dal tunnel della crisi solo se avremo il coraggio di metterci radicalmente in discussione.