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I due capponi chiamati a fare pulizia nella stalla Lega

Il Senatùr, Calderoli e Maroni si ergono a giustizieri, a vendicatori dei militanti leghisti umiliati e offesi dalle male azioni del Cerchio Magico. E’ lecito nutrire qualche dubbio sulla serietà delle loro intenzioni. I primi due, agendo di concerto con altri figuri più o meno famosi, da tempo sono stati decisivi nel rendere la Lega una porcilaia. Maroni sembra essere l’unica persona credibile ma pesa sul suo conto un inquietante interrogativo. Ci chiediamo come sia riuscito in questi anni a trovarsi a suo agio in mezzo alla sporcizia che ora promette di spazzare via.

Il numero uno della Lega, il principale responsabile di ogni azione politica ed economica del movimento, Umberto Bossi, è ancora lì. Nessuno ha avuto il coraggio di toccarlo. Si è dimesso – è vero – ma i vertici (che dipendono da lui e dai suoi sodali) lo hanno subito nominato Presidente del partito. Maroni e i suoi sostengono la tesi che il Senatùr sia stato raggirato da un pugno di disonesti senza scrupoli. Il guaio è che i disonesti sono stati piazzati in Lega dall’Umberto, il quale ha sempre agito con la sua ristretta équipe di fedelissimi e fedelissime (cerchisti e non cerchisti). E’ una storia – questa del povero Bossi raggirato e preso in giro dai furbi – che può reggere per i militanti affezionati alla storia del Senatùr, per gli attivisti resi ciechi dalla fede nei poteri salvifici del Capo o – a dir meglio – di quel che resta del Capo. L’elettorato leghista e filo-leghista (che costituisce forse il 70% dei voti pro-Lega) difficilmente crederà a questa favoletta.

La verità – come sempre in politica – è assai più rude e semplice. Senza l’intervento della Magistratura, Maroni e Calderoli non si sarebbero mai sognati di fare i purificatori. Se gli scandali del partito non li avessero costretti a mascherarsi da moschettieri del re Umberto “puro e incorruttibile”, sarebbero ancora lì a razzolare nell’aia beccandosi come i capponi di Renzo.