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Cattaneo e la guida di Milano che non vide mai la luce

Carlo Cattaneo scrisse le celebri Notizie naturali e civili su la Lombardiain occasione del sesto congresso degli scienziati italiani che si tenne a Milano nel settembre 1844. Questo evento coinvolse – com’è noto – larga parte della società lombarda. Parallelamente all’attività di Cattaneo varrà la pena ricordare che furono compilati – a cura dello storico risorgimentale Cesare Cantù – i due volumi intitolati Milano e il suo territorio: vi furono pubblicati testi afferenti alla storia, alla religiosità, alla statistica, all’istruzione, alla sanità, alla vita sociale di Milano ad  opera di eminenti personalità quali il prefetto della Biblioteca Ambrosiana, l’abate Bartolomeo Catena, Giuseppe Sacchi, il nobile Pompeo Litta (noto per le ricerche erudite che andava effettuando sulle famiglie nobili italiane), Giovanni Labus, il professor Achille Mauri e lo stesso Cantù.
Tra le carte mai pubblicate che Carlo Catttaneo scrisse per quell’evento ve ne sono alcune di notevole interesse. Il contenuto di questi documenti, rielaborato ed organicamente ultimato, avrebbe costituito con ogni probabilità una Guida di Milano per i visitatori che fossero giunti in città in occasione del congresso.
In questi manoscritti, che si trovano nell’archivio Cattaneo conservato presso le Civiche Raccolte Storiche del Museo del Risorgimento, la città era presa in esame da un punto di vista geo-economico e storico artistico. 

Particolarmente interessanti le considerazioni introduttive, ove largo spazio era riservato alla descrizione geografica.

Il territorio su cui sorge Milano è un vasto rettangolo il cui lato settentrionale vien formato dalla catena dell’Alpi Leponzie e Retiche; l’occidentale dal Lago Maggiore e quindi dal Ticino; l’orientale dal Lago Lario (Como) e quindi dall’Adda, il meridionale dal Po. Questo territorio dirupato e orrido sotto l’Alpi, viene lentamente ad ingentilirsi in men erte montagne, poi in colline amenissime, quindi in pianure asciutte e vinifere, e finalmente in campi quasi immersi nell’acque che li fecondano.

A gradi 26,51 di longitudine 45,27,51 di latitudine, laddove il piano comincia a farsi umido ed irrigato, s’innalza Milano. Talché uscendo dalle porte rivolte a Mezzodì si ritrova tosto un meraviglioso intreccio di canali irrigatorj; mentre da settentrione a stento si trova un prato o un canale.

Seguivano importanti considerazioni sui canali navigabili che solcavano la città:

Lontana da ogni fiume navigabile Milano sarebbe male atta al commercio, qualora l’industria (operosità) degli abitatori non avesse condotto fino in città due canali navigabili l’uno tratto dall’Adda (il Naviglio Martesana), l’altro dal Ticino (il Naviglio Grande). Parte delle acque in tal modo raccolte va ad irrigare i terreni; parte forma un terzo canale che congiunge Milano con Pavia (il Naviglio Pavese) e apre, mercé del Po, una via all’Adriatico.

Il terreno è per natura e per arte (lavoro) fertilissimo. L’aria bastevolmente pura; se non che presso la città si risente della soverchia umidità della adjcenti campagne.

In margine Cattaneo formulava un giudizio significativo sulla mentalità pratica, sull’indole essenzialmente lavorativa dei milanesi, nati più per operare nella società che per ‘disquisire dei massimi sistemi’. Si riportano tali considerazioni, ove risultava evidente che la cultura milanese, per lo meno negli ultimi due secoli, era andata legandosi strettamente ai bisogni della società. Il castello inaccessibile di una “insetata verbosità” fine a se stessa, diffuso in molte città italiane, non apparteneva a Milano.
In confronto alle altre città d’Italia Milano ha minor numero di cruscanti, di puristi, di periodisti, di parolaj d’ogni razza e d’ogni partito. Qui le persone studiose si ingegnano di essere contemporanee del loro secolo e non s’affannano di ritardare, per quanto è lor possibile, i progressi dell’intellettuale perfezionamento ne’ loro concittadini distraendoli dallo studio delle cose a quello di una insetata verbosità.
Notevoli le notizie topografiche su Milano, che Cattaneo descriveva richiamandosi all’immagine dei due anelli che cingevano la città: il primo era costituito dal Naviglio Interno, che venne scavato dai milanesi al di fuori delle antiche mura medievali. Questo canale, chiuso tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e il 1929/30, collegava il Naviglio Martesana (che scendeva da nord est) con i navigli grande e pavese (che percorrevano la bassa pianura in direzione sud-sud ovest). 

Il secondo anello era invece formato dai bastioni spagnoli, i cui frammenti sono in parte tuttora visibili. Seguiva la descrizione delle Porte milanesi, alcune delle quali esistono ancora oggi. Ma lasciamo la parola a Cattaneo:

I bastioni esternamente e internamente il naviglio formano a Milano un doppio recinto quasi circolare. Il naviglio è una fossa scavata appiè delle antiche mura in occasione dell’assedio del Barbarossa ridotta ora a canal navigabile in cui immettonsi le acque de’ due navigli d’Adda e di Ticino. E nel suo giro comprende la città propriamente detta. I bastioni che si estendono più vastamente…furon fabbricati nel 1549 sotto Carlo V per ordine del governatore Ferrante Gonzaga, giusta l’architettura militare di quei tempi. Fra essi e il naviglio si comprendono i propriamente detti “borghi”. Al di fuori rasente i bastioni si aggira la testé compiuta strada di circonvallazione che offre molte miglia di ombroso passeggio. I bastioni vengono interrotti da undici porte. La Porta Tosa volta a oriente; alquanto verso Nord l’attigua Porta Orientale; e così via: a Nord Est la Nuova; a Nord la Comasina (Porta Garibaldi); a Nord Ovest la Tenaglia e il Portello (oggi Parco Sempione, dietro il Castello Sforzesco); ad Ovest la Vercellina; a Sud Ovest la Ticinese; a Sud la Lodovica e la Vigentina, a Sud Est la Romana.

L’Orientale, la Nuova, la Comasina, la Vercellina, la Ticinese, la Romana sono le principali. Anticamente davano il nome ai quartieri della città e scompartimento alle truppe civiche.
Nel centro di essa, ma alquanto verso oriente, sorge il Duomo; da cui quasi come raggi si dipartono i corsi che guidano a ciascuna Porta, tortuosi ed angusti nell’interno della città, ma spaziosi e diritti quanto più se ne dilungano. Essi prendono il nome dalle rispettive porte.

Milano tra megalopoli padana e “megistopoli” europea

Trent’anni fa l’eminente geografo Jean Gottmann sosteneva che nel Nord Italia si era formata una magalopoli simile a quella da lui scoperta nel Nord America, tra l’Atlantico e la catena dei monti Appalachi. Si veda a tal proposito il saggio di Gottmann Verso una megalopoli padana? nel volume curato da Calogero Muscarà e intitolato Megalopoli mediterranea (Milano, Franco Angeli 1978, pp.19-31). Ma quali sarebbero le caratteristiche di una megalopoli? Secondo il geografo francese essa è tale se presenta:
  • 1   un’area densamente urbanizzata ove la maggioranza degli abitanti adotta stili di vita urbani;
  • 2.   una popolazione compresa tra i 20 e i 25 milioni di abitanti;
  • 3.   l’esistenza di larghi spazi non urbanizzati costituiti da campi agricoli, boschi o zone montuose;  
  • 4.    una struttura “polinucleare” o “a nebulosa” tale da renderla un grande mosaico con un certo numero di zone differenti;
  • 5.    un livello di comunicazioni-informazioni altamente sviluppato basato sui mass media
  • 6.     un’alta mobilità degli abitanti

Nel caso del Nord Italia Gottmann sosteneva che la megalopoli padana sembrava rispondere a tali requisiti, non foss’altro perché già allora le aree metropolitane di Milano, Genova, Torino, Venezia e Bologna, i centri urbani di Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Bologna, Parma, Modena e via dicendo confinavano e “dialogavano” con i vasti spazi circostanti occupati da boschi, campi e rilievi montuosi. D’altra parte, se ci pensiamo bene, il Nord Italia è contraddistinto ancora oggi da un’area fittamente urbanizzata ove gli spazi agricoli o, per dir così, selvaggi (rilievi montuosi) convivono con quelli cittadini. I paesi di montagna sono addirittura frequentati nei mesi estivi da un turismo urbano che li concepisce come “seconda patria”, oasi felice ove i cittadini amano trascorrere serenamente le vacanze estive dimenticando per alcune settimane i frenetici ritmi urbani. Oggi il Nord Italia conta 27 milioni di abitanti, gran parte dei quali lavora spostandosi dai comuni della collina, dell’alta e della “bassa” pianura verso le città metropolitane ove sono concentrate aziende attive nel terziario o quaternario (terziario dei massmedia). Siamo quindi dinanzi a un alto tasso di mobilità, in linea con quanto notava il geografo francese.

Gottmann sosteneva addirittura che l’asse Genova-Venezia renderebbe la pianura padana una megalopoli “trans-istmica” perché tale fascia di territorio ha consentito in passato – e consente tuttora – di gestire importanti rapporti commerciali tra due grandi aree: il sud est mediterranaeo e il nord ovest dell’Europa. Basti ricordare a tal proposito il ruolo fondamentale rivestito dai mercanti genovesi, veneziani e pisani in campo finanziario e nei traffici delle spezie orientali. D’altra parte le città di Milano, Genova, Venezia e Firenze potevano contare già nel basso Medioevo su un mercato internazionale che oltrepassava largamente le fiere che si tenevano ordinariamente nelle vicine regioni. 

Ma il geografo francese andava oltre. A suo parere, l’Italia settentrionale potrebbe essere considerata il bastione meridionale di una “megistopoli” europea, intendendo con questo termine l’area comprendente la parte meridionale della Gran Bretagna con Londra, Parigi e l’Ile de France, la Francia centro e sud orientale, la Germania occidentale, l’Italia del Centro Nord. Una vastissima regione europea caratterizzata da una ricchezza piuttosto elevata. E’ significativo che tale “megistopoli” sia tuttora costituita in larghissima parte da regioni i cui abitanti hanno il più alto reddito pro capite dell’Unione Europea.

Ho riportato per sommi capi le analisi originali di Gottmann perché ad esse è corso il pensiero mentre leggevo, alcuni giorni fa, un vecchio scritto di Carlo Cattaneo. Nel 1860, un anno prima che venisse proclamato il regno d’Italia sabaudo, il grande intellettuale e patriota lombardo scriveva che Milano non solo costituiva il centro dell’Alta Italia, ma si trovava all’interno di un asse che era stato per secoli il cuore dell’economia europea. Egli descriveva “l’antico e moderno incivilimento” partendo da una riflessione sulla posizione geo-economica di Milano:
 
“Il fatto geografico fondamentale consiste in ciò: che Milano è sul grande asse trasversale dell’Alta Italia; e nel tempo stesso è sul grande asse commune della penisola italiana, dei due mari e delle isole; il quale si continua e si ripete nella gran valle del Reno, lungo la linea di contatto d’altre due grandi nazioni; e di là si connette pei Paesi Bassi alle Isole Britanniche, come dall’opposta estremità si prolunga verso la Grecia, l’Asia Minore, la Siria, l’Egitto. Può dirsi questa la via maestra dell’antico e moderno commercio, dell’antico e moderno incivilimento.

Roma è il centro di posizione e di gravità di tutto il sistema italiano; ma se si considera solo l’Alta Italia e quella popolazione di quattordici o quindici milioni che stanzia tra Roma e le Alpi, si vede che circa un terzo di essa vive a levante di Milano, un terzo a ponente, un terzo a mezzodì. La Svizzera, nella direzione del suo centro e di Basilea, compie la crociera”. CARLO CATTANEO, La ferrovia di Como in “Il Politecnico”, VIII, fasc.XLIII, 1860, pp.34-43.

In effetti, consultando le fonti dell’epoca, i dati sembrano in gran parte coincidere con quanto scriveva Cattaneo. Consultando la Statistica del Regno d’Italia, (Censimento generale 31 dicembre 1861, Firenze 1865) si ricava che nei territori a sud di Milano (gli ex ducati di Parma e Piacenza, Modena e Reggio, la Romagna pontificia, l’ex granducato di Toscana e le Marche papali) vivevano  4 milioni e 900 mila abitanti, la Lombardia contava 3 milioni e centomila abitanti che, sommati al Veneto e a Mantova (ancora austriaci nel 1861), toccavano anch’essi i cinque milioni di persone; il Piemonte e la Liguria contavano 3 milioni e 600 mila abitanti, ma occorre aggiungere nel calcolo i territori di Nizza e Savoia, ceduti alla Francia nello stesso anno in cui Cattaneo scriveva il suo articolo: anche qui, la popolazione si attestava presumibilmente sui 4 milioni e mezzo di abitanti, assai vicino ai 5 milioni. 

Oggi l’Alta Italia conta una popolazione decisamente superiore rispetto ai quindici milioni di abitanti cui faceva riferimento Cattaneo. Ci si potrebbe domandare se, confermata l’esistenza di questa ricca megalopoli europea, in un prossimo futuro non possano determinarsi le condizioni per una sua indipendenza politica all’interno dell’Unione Europea. 

L’indole dei Milanesi secondo Carlo Cattaneo

Carlo Cattaneo fu autore di un’interessante guida di Milano rimasta purtroppo incompiuta. Mentre leggevo la sua opera, scritta nella prima metà dell’Ottocento, mi son imbattuto in una descrizione dei milanesi che sembra esser fatta da un contemporaneo. Un ritratto straordinariamente moderno se consideriamo che venne scritto nella prima metà dell’Ottocento, nella piccola Milano austriaca popolata da soli 125.000 abitanti: 

“In confronto alle altre città d’Italia, Milano ha minor numero di cruscanti, di puristi, di periodisti, di parolaj d’ogni razza e d’ogni partito. Qui le persone studiose si ingegnano di essere contemporanei del loro secolo e non s’affannano di ritardare, per quanto è lor possibile, i progressi dell’intellettuale perfezionamento ne’ loro concittadini distraendoli dallo studio delle cose a quello di una insetata verbosità”. Appunti per una guida di Milano: un manoscritto inedito di Carlo Cattaneo in «Il Risorgimento», anno XLI (ottobre 1989), fasc. n.3, pp.226-227.