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Civismo e rispetto delle regole: così l’italia avrà un futuro

Nel libro di De Bortoli un’analisi disincantata dei mali che affondano il Paese.

Invita a riflettere sui nostri difetti e sulle nostre virtù di italiani il libro di Ferruccio De Bortoli (Ci salveremo. Appunti per una riscossa civica, Milano, Garzanti 2019, 172 pagine).

Il volume presenta una critica ragionata ad alcune politiche del governo. Ci si sofferma ad esempio sulla cosiddetta flat tax per le partite iva di artigiani, commercianti, agenti di commercio limitatamente a soglie basse di fatturato: 15% fino ai 65.000 euro di ricavi. Tale aliquota, com’è noto, sostituirà l’Irpef, le addizionali e l’Irap. Viene data inoltre la possibilità agli imprenditori di non aggiungere l’Iva al costo del lavoro, agevolando in tal modo la concorrenza sleale. Queste norme – commenta De Bortoli basandosi sulle analisi del professor Dario Stefanato – finiranno per scoraggiare la crescita delle aziende perché gli imprenditori, volendo pagare meno imposte, preferiranno costituire tante imprese di piccole dimensioni e continuare a beneficiare della flat tax.

A suscitare forti preoccupazioni è però un altro provvedimento citato nel libro: nella legge di bilancio 2019 è stata introdotta una norma che consentirà alla pubblica amministrazione di affidare i lavori pubblici a un’impresa agendo in via diretta, senza passare per una gara di appalto. Questo limitatamente ad interventi che abbiano un costo non superiore ai 150.000 euro. Rispetto alla normativa precedente si tratta di un notevole innalzamento della soglia, se si considera che il limite era stato fissato in precedenza a 40.000 euro. Il rischio è che un ente pubblico – guidato magari da un politico corrotto – tenda a favorire aziende disoneste o colluse con sistemi malavitosi facendo pagare costi enormi alla collettività per il rischio di tangenti. In precedenza, come ha osservato il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, le aziende erano tenute a presentare un certificato antimafia. Ora non più. Il rischio di infiltrazioni malavitose sarà quindi altissimo. E’ vero che per i lavori superiori ai 150.000 euro resterà la procedura della gara di appalto e che in Europa tale procedura è limitata ad interventi ancora più costosi, pari a 240.000 euro. Occorre però rilevare che in un Paese come l’Italia, ove la corruzione è tanto diffusa, sarà facile alla criminalità e ai politici disonesti fare i loro affari a detrimento del bene pubblico.

Ferruccio De Bortoli

A ben vedere, il libro di De Bortoli contiene una rassegna disincantata delle eccellenze e dei mali presenti nella società italiana; mali che non provengono soltanto dai politici; sono il risultato della mancanza di civismo e di rispetto per le regole che si ravvisa in tanta parte della classe dirigente, nonché nei comportamenti quotidiani della gente comune. Pensiamo soltanto agli imprenditori che fissano la sede legale delle aziende nei paradisi fiscali per non pagare le tasse in Italia. E’ solo uno dei tanti esempi che si potrebbero portare a tal proposito, che rivela la tendenza degli italiani a curare i loro interessi dimenticando quella cura per il bene comune che dovrebbe costituire il fondamento di una comunità fatta di uomini liberi e responsabili.

Un caso che mostra la completa assenza di civismo è quello dei pensionati che si sono trasferiti all’estero per usufruire di un migliore regime di tassazione. Molti ad esempio vivono in Portogallo, dove la legge di quel paese consente di condurre un’esistenza agiata senza pagare imposte per dieci anni. Tuttavia alcuni di questi pensionati si son guardati bene dal registrarsi nell'”Anagrafe degli italiani residenti all’estero”, perché questo finirebbe con l’escluderli dal servizio sanitario nazionale. Vanno all’estero per non pagare le tasse ma continuano a succhiare dalla mammella italiana per continuare ad usufruire del welfare italiano che resta, nonostante tutto, di qualità.

Occorre tuttavia precisare che De Bortoli non intende indossare la veste del censore dei difetti nazionali, un ruolo che in passato non pochi giornalisti hanno interpretato lasciandosi andare alla retorica degli italiani inaffidabili, individualisti e machiavellici. L’autore ama il suo Paese e non esita a ricordare i tanti successi raggiunti dall’Italia nei campi più svariati.

“Siamo la seconda manifattura d’Europa dopo quella tedesca. Primi per numero di piccole e medie imprese manifatturiere. Il valore aggiunto del settore agro alimentare è tre volte quello dell’automotive di Francia e Spagna e il doppio della somma di aerospazio di Francia, Germania e Regno Unito. E siamo al vertice, i migliori, nell’efficacia e nella capillarità dei controlli sulla qualità dei cibi. L’Italia è ai primi posti nel mondo per il livello di salute della sua popolazione (pag.36)”.

Sono queste ed altre belle pagine della nostra economia che spingono De Bortoli a chiedere ai cittadini una riscossa civile per combattere quei comportamenti negativi che segnano il declino del nostro Paese. I buoni esempi non mancano; si vedono nella vita quotidiana, nella cura per le piccole cose, nell’educazione e nel rispetto per l’ambiente. Casi che però sembrano di gran lunga superati dai tanti cattivi esempi. Pensiamo alla mancata pulizia degli spazi pubblici. Perché a nord delle Alpi o vicino alle Alpi il decoro di vie, piazze e giardini tende ad essere preservato con cura, mentre a sud prevale l’incuria e la sporcizia? Si badi che il discorso vale sia a Nord che a Sud perché alcune strade di Milano non sono certo tenute meglio rispetto alle piazze di Roma e di Napoli. In questi casi, nella scarsa attenzione per gli spazi pubblici, in quei comportamenti maleducati diffusi purtroppo fin nei più remoti interstizi della società, si ravvisa chiarissima la mancanza di cura per il bene pubblico e l’assenza di civismo. Un abisso che separa l’Italia dagli altri Stati europei.

Molti dei nostri concittadini non esitano a sporcare buttando per terra mozziconi di sigarette o bottiglie di plastica. La loro coscienza non è per nulla turbata: essi son pronti a nascondersi dietro la comoda scusa che è compito dei netturbini tenere pulita la strada o i parchi pubblici. Perché dunque preoccuparsi di non sporcare o di fare pulizia in prima persona? In fondo, è lo stesso ragionamento di una ragazzina quando, alla domanda di un signore sul motivo che l’aveva spinta a buttare in terra una cartaccia, gli ha risposto candidamente: – E la bidella che ci sta a fare? Esempio perfetto della persona maleducata.

A Roma la situazione, com’è ormai fin troppo noto, ha assunto livelli addirittura intollerabili. La società municipalizzata del Comune, Ama, non è in grado di assicurare una corretta pulizia delle strade. Questo chiama in causa la pessima amministrazione delle giunte che si sono succedute in Campidoglio nel corso degli anni: dal centrodestra al centrosinistra fino ai 5Stelle. Il che però non basta a spiegare il disastro. De Bortoli si spinge più in là e, sulla base dei dati dei bilanci comunali, si chiede se una parte di responsabilità non l’abbiano anche i romani quando molti di loro si rifiutano di pagare la TARI: “La maggiore evasione si registra a Roma. Nella provincia della capitale mancano all’appello 149 euro per cittadino. Nella Città metropolitana di Roma si constata la più basse percentuale nazionale di riscossione dell’accertato. Il Lazio è al primo posto per il mancato incasso della tassa sui rifiuti con un buco di 121 euro pro-capite…”

Riusciremo a risollevare l’Italia? L’autore è un inguaribile ottimista. In caso contrario avrebbe scelto un altro titolo al suo bel volumetto. De Bortoli si è rivolto invece agli italiani con due semplici parole: “Ci salveremo”: un atto di fede nel genio e nella forza di volontà che ha reso grandi gli italiani nel corso dei secoli. Parole che riprendono le meditate riflessioni di Aldo Moro che, in un discorso del 1976, nel ricordare la sua esperienza di ministro dell’istruzione alla fine degli anni Cinquanta, così condensava le ragioni che allora avevano spinto il governo ad introdurre l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole medie e superiori:

Aldo Moro

Questo Paese non si salverà se la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà una nuova stagione dei doveri”.



Milano: vetrina del “Made in Italy”

Expo 2015Nei prossimi mesi a Milano accorreranno tanti stranieri per visitare Expo 2015, la grande Esposizione internazionale dedicata al tema dell’alimentazione. Quali saranno le loro mete? In quali ristoranti andranno? Quali locali attireranno la loro curiosità? Soprattutto: quale impressione avranno dei milanesi e più in generale degli italiani con cui entreranno in contatto negli alberghi, nei negozi, nelle piazze, nei ristoranti della nostra città? Non sono domande scontate perché dal modo con cui i milanesi sapranno accogliere i visitatori dipenderà il successo dell’iniziativa.

In fondo la partita di Milano con Expo non si gioca sul terreno della cultura, della storia o del paesaggio. Milano offre molto in questo campo, a partire dal Duomo. Eppure, pensateci bene: non è questo il suo punto di forza. Ci sono tante città italiane che hanno molto di più. Pensate a Firenze, a Roma, a Venezia, a Napoli, a Palermo: vogliamo forse paragonare il Colosseo, i Musei Vaticani o piazza di Spagna alle Colonne di San Lorenzo, alla Pinacoteca di Brera o all’Arco della Pace? E gli Uffizi sono forse avvicinabili alle Gallerie d’Italia, la prestigiosa collezione di dipinti resa accessibile al pubblico da Intesa San Paolo in tre palazzi storici milanesi? I navigli possono forse reggere il confronto con i canali di Venezia? Un tempo sì, quando Milano con il suo naviglio in centro era il luogo di confluenza tra le acque dell’Adda e quelle del Ticino portate dal naviglio martesana e dal naviglio grande. Oggi non più.

Ue Gabriele!! Come puoi svilire in questo modo la tua città?

Non sto svilendo Milano. Noi milanesi possiamo batterci ancora per rendere la città più attraente sotto il profilo paesaggistico. I progetti non mancano. Al momento la situazione è però quella che ho accennato sopra. Che fare allora? Dove stanno i punti di forza di Milano?

Vinceremo la partita se saremo capaci di attirare il pubblico su un binario diverso rispetto a quello storico culturale. Il binario dell’arte e della cultura è importante ma non può essere l’unico. Il segreto del successo risiede anche nell’innovazione, nella capacità di progettare il futuro con creatività. Questo discorso – come accennavo sopra – vale per l’Italia nel suo complesso. In altre parole: il binario dell’identità storica potrà avere un senso solo se sapremo “appaiarlo” al binario dell’innovazione.

Armani Hotel di Milano
Armani Hotel in via Manzoni 31 da www.artribune.com

Il punto di forza di Milano risiede precisamente in questo: nella sua capacità di innovare, di aprirsi al mondo. E’ la città in cui l’atmosfera internazionale è per così dire vivificata dalle concrete esigenze del lavoro. Qui operano i maggiori marchi della moda. Qui il design trova il suo habitat naturale: il salone del mobile, che si tiene in primavera, attira ogni anno migliaia di visitatori che chiedono di essere aggiornati sulle novità più importanti nel campo dell’arredamento.

Milano, diversamente da Firenze, Roma, Venezia, deve guadagnarsi i turisti con il sudore della fronte. Non può affidarsi soltanto alla rendita del patrimonio artistico e culturale. Certo, la città ha monumenti e musei ma sono pochi e non all’altezza di una città d’arte. Perché venire a Milano allora? Perché qui l’ingegno degli italiani si esprime al massimo grado: tanti giovani aprono locali, inventano nuovi spazi, tentano con coraggio la strada del successo nei campi più svariati.

Nelle vie di Milano i turisti scoprono locali che presentano al massimo grado l’arte italiana in cucina. Michelangelo diceva: “La scultura la si ha nella mente prima che nelle mani”. La cucina italiana presenta una filosofia simile. E’ creativa perché sono i cuochi italiani a renderla tale. E’ varia: la cucina piemontese, lombarda, emiliana, romagnola, veneta, toscana, romana, napoletana, siciliana, sarda hanno ciascuna una nota inconfondibile. Ognuna ha i suoi piatti, i suoi vini particolari. A Milano hanno sede tanti locali e ristoranti gestiti da imprenditori del gusto che non sono milanesi ma trovano qui il luogo ideale per farsi conoscere. Molti hanno successo perché offrono una cucina di qualità che mostra un filo diretto con il territorio da cui provengono.

I piatti italiani sono davvero la sintesi del Made in Italy perché vengono preparati con creativa semplicità. Gli stranieri, in particolar modo gli anglosassoni, hanno sempre apprezzato il largo spazio che nella cucina del Belpaese è riservato agli erbaggi. Non è per caso se nel vocabolario americano e inglese sono tuttora citati i nomi originari di “broccoli” o “zucchini”.

Con Expo Milano sarà la vetrina del Made in Italy. E’ l’Italia come dovrebbe essere: aperta al progresso senza perdere la sua identità. Immaginazione e Tradizione: questi i binari che renderanno ancora possibile il successo del Made in Italy nella cucina, nella moda, nel design.

Il dovere di non disperdere una civiltà

“Noi diciamo di esser civili, e ci offende chi dicesse che non lo siamo. Vediamo di capire un po’ meglio che cosa vuol dire civiltà, che cosa vuol dire esser civili.
Anzitutto, non vuol dire forse che partiamo tutti da una certa educazione? E da cosa siamo stati educati? Siamo stati educati da chi ci ha preceduto: da chi ha innalzato le case, coltivato i campi, varato le navi, pensato e scritto ed inventato tutto quello che si chiama civiltà moderna. Di tutto questo siamo stati chiamati a godere, nel momento stesso in cui nascevamo.

Ma di tutto questo non si gode senza rischi. Chi sta in piedi su di un grande passato, chi  h a  q u a l c o s a, ha più doveri di chi nasce senza nulla. Ma nessuno nasce senza nulla, in un paese civile: perché in una società civile c’è un dovere di assistenza che s’estende a tutti, e dev’esserci un minimo di educazione per tutti.
La civiltà è dunque come un grande patrimonio collettivo, che non ci fa ricchi di sostanze, ma ci deve far ricchi almeno di  c a p a c i t à, e ci impone dei doveri. La civiltà è madre di libertà”.

ETTORE PASSERIN D’ENTREVES, Come nascono le libertà democratiche, Rai, Radio Televisione Italiana, Torino, ILTE 1956, pag.5.

Queste parole, pronunciate dallo storico Ettore Passerin d’Entrèves nel corso delle trasmissioni Rai tenute negli anni Cinquanta del secolo scorso, sono valide ancor oggi, a più di cinquant’anni di distanza. Sono valide ancor più oggi, in una congiuntura che sembra mettere a dura prova non solo l’economia del nostro Paese, ma il Paese nel suo complesso. Costituiscono una riflessione sul concetto di civiltà ma, a ben vedere, esse sono un ammonimento a non disperdere, a non dilapidare i valori di libertà e democrazia, quel prezioso bagaglio di conquiste nei più svariati campi del sapere che quanti ci hanno preceduto hanno lasciato in eredità alla nostra generazione e a quelle che seguiranno.

E’ un dovere che incombe su noi italiani nel nostro piccolo ma ancor più sulla classe dirigente e sulla classe politica che ci governerà nei prossimi anni. Ma tale dovere incomberà in maggior misura su quanti saranno chiamati a decidere le sorti dell’Europa. Le elezioni che si terranno in Germania nel settembre del prossimo anno saranno decisive a tal proposito. In gioco non è soltanto la civiltà italiana, ma la civiltà europea con quel complesso di valori, di istituzioni, di stili di vita, di mentalità che l’hanno resa grande nel corso dei secoli prima che i nazionalismi ne minassero le fondamenta.

Il Leviatano inglese pronto a sabotare la Tobin Tax europea

Per contrastare la speculazione finanziaria che minaccia di far saltare la moneta unica, la Francia di Sarkozy propone una Tobin Tax europea sulle transazioni finanziarie. Berlino dissente nel merito ma non si oppone. L’Italia, come al solito, è la cortigiana un po’ malmessa che va a letto con Francia e Germania pur di tirare a campare.

La Gran Bretagna è un paese anfibio, con un piede in terra europea e un altro nell’oceano della globalizzazione. Chiusa nel suo orgoglio insulare, mossa da una politica spesso sensibile alle logiche dei pirati, ha sempre fatto di testa sua; non ha esitato nel corso dei secoli a trasformarsi nel Leviatano marino, sicuro e imprevedibile, pronto a tendere micidiali insidie ai Behemoth terrestri, alimentati da un dispotismo burocratico il cui governo sulla terra  era pianificato con la razionale ed efficiente opera degli Stati-macchina assoluti. A voler uscire da metafore e similitudini, Londra è riuscita (quasi sempre) a rompere le uova nel paniere dei governanti continentali, dall’Europa di Napoleone a quella di Hitler.

Ora la Gran Bretagna si oppone alla Tobin tax europea, quasi proclamandosi unico guardiano della libertà di commercio sul continente. Chissà che anche oggi, come allora, essa non abbia anche una buona ragione, al di là dei suoi interessi particolari.