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I grandi magazzini Coin a Milano

In un film di Alfred Hitchcock risalente al 1966, Torn Curtain (“Il sipario strappato”), un fisico americano, Michael Armstrong (interpretato da un brillante Paul Newman), si trova per misteriose ragioni nella Berlino Est, capitale di un paese “a socialismo reale” (la Repubblica Democratica Tedesca) ove la produzione di beni e servizi, posta sotto il controllo e la gestione dello Stato, aveva finito per congelare una economia pianificata in cui gli operatori tendevano ad essere sempre gli stessi. L’impiegato di polizia Hermann Gromek, nel ricordare il periodo in cui era vissuto a New York, chiede ironicamente ad Armstrong: “Abitavo tra l’ottantottesima e l’ottava. C’era una pizzeria proprio all’angolo. Ci sarà ancora? Facevano una pizza meravigliosa”. Risponde lo scienziato: “Non saprei dirle” e Gromek ripete: “Ci sarà ancora?”: in questa domanda insistente è possibile cogliere l’avversione che doveva nutrire verosimilmente il modesto impiegato dell’Est nei confronti delle ricche società occidentali caratterizzate dalla mobilità lavorativa e dal rapido mutamento delle attività in libera competizione: alcuni negozi restano, altri scompaiono, altri ancora si trasformano, cambiano sede.

Quando mi è giunta notizia che il celebre negozio Coin di piazzale Loreto ha chiuso il 20 gennaio scorso, il pensiero – chissà perché – è corso alla pizzeria newyorkese di Gromek.

Intendiamoci. Nessuno si sogna di dire che Coin stia scomparendo. In questi ultimi anni il gruppo veneto ha però avuto alcune difficoltà, non diversamente da quanto avviene purtroppo per tante aziende italiane costrette ad operare in una società in lentissima ripresa ove il livello dell’imposizione fiscale resta elevato.

Vittorio Coin
Il fondatore: Vittorio Coin

Nei limiti di spazio imposti dal blog, traccerò un breve profilo storico della Coin. Il fondatore dell’azienda, Vittorio Coin, era un commerciante di tessuti che aprì il suo primo negozio a Mirano (un paese in provincia di Venezia) nel 1926. La crescita dell’attività divenne imponente nel dopoguerra grazie all’impegno dei figli Alfonso, Aristide e Giovanni, i quali avevano imparato il mestiere del commerciante affiancando il padre nella vendita di tessuti, filati e biancherie. Un legame familiare assai forte quello dei Coin, i quali avevano saputo fare del lavoro una religione di vita in linea con la tradizione mercantile dell’antica Repubblica di San Marco.

L’inizio del periodo d’oro può essere fatto risalire agli anni Cinquanta e Sessanta. Costituita nel 1952 in società per azioni, cinque anni dopo l’azienda acquisì la proprietà degli ex magazzini Öhler di Trieste. Gli anni Sessanta segnarono l’espansione di Coin oltre i confini del Veneto e il suo ingresso nelle attività dei grandi magazzini. Ma qui dobbiamo capirci. Cosa si intende per “grande magazzino”? Il grande magazzino si caratterizza per un’attività di vendita al dettaglio nel ramo non alimentare in edifici dotati di una superficie superiore ai 400 mq ove siano attivi almeno 5 reparti dedicati a prodotti che appartengono a diversi settori merceologici. I grandi magazzini Coin degli anni Sessanta presentavano, oltre alla vendita di vestiti e biancheria, articoli afferenti ai seguenti comparti: casalinghi, sportivi, giocattoli, pelletteria e profumeria. Una caratteristica che dura tuttora. Da ricordare che i Coin di Piazza 5 Giornate e Corso Vercelli (tuttora esistenti) operavano in spazi assai vasti per gli standard dell’epoca, presentando una superficie di 5000 metri quadrati disposta su otto piani.

Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta Coin consolidò la sua attività aprendo grandi magazzini in città quali Brescia, Varese, Mantova, Ferrara, Genova, Napoli, Taranto. Risale al 1968 la fondazione delle “Coinette”, una nuova catena che operava nelle periferie e nei piccoli centri urbani assicurando ai clienti prodotti a prezzi accessibili. Si trattava di una rete di negozi, divenuta ben presto capillare, che diede origine nel 1972 alla celebre catena “OVS” (Organizzazione Vendite Speciali) che assicura tuttora prezzi vantaggiosi mediante lo smercio degli articoli rimasti invenduti nei punti Coin. Nel corso degli anni Settanta e Ottanta l’azienda raggiunse il culmine del successo. E’ il periodo in cui lavorò la terza generazione della famiglia rappresentata dai figli di Aristide.

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Logo Standard usato dal Gruppo Fininvest dalla fine degli anni Ottanta al 1994. 

Nel 1998 i Coin rilevarono dalla Fininvest di Silvio Berlusconi il comparto non alimentare del gruppo Standa, i cui negozi furono progressivamente convertiti negli esercizi Oviesse. Tale azienda, la “Società Anonima Magazzini Standard” (poi Standa) aveva aperto il suo primo punto vendita a Milano nel 1931 con l’insegna “Moderno 33”. Occorre ricordare che la Standa era stata la prima azienda ad introdurre, nel 1956, il servizio vendita self service nel ramo alimentare. La filosofia del self service può essere riassunta in queste due semplici mosse: prendi il prodotto dallo scaffale e paga alla cassa.

Nel 2009 Coin acquisì un’altra storica catena milanese, più antica della Standa: la Upim. Fondata dalla Rinascente nel 1928 come “UPI” (Unico Prezzo Italiano), l’azienda, grazie alla consulenza della tedesca Tietz, era stata la prima ad introdurre in Italia il magazzino “a prezzo unico”, vale a dire uno spazio ove i prodotti avevano lo stesso prezzo di vendita, notevolmente inferiore rispetto a quello dei negozi. La lettera “M” fu aggiunta al nome “UPI” per indicare l’origine milanese di questi magazzini.

Al 2011 risale un’altra importante iniziativa del gruppo Coin, che dal 2005 non è più gestito dalla famiglia. Si tratta dell’apertura di Excelsior Milano nello spazio ove si trovava il cinema omonimo nella Galleria del Corso, a pochi passi da corso Vittorio Emanuele: in una superficie di 4.000 mq disposta su sette piani, l’architetto francese Jean Nouvel ha ricreato un ambiente extra lusso ove sono collocati i comparti della moda, del cibo e del design.

Come si ricordava all’inizio, gli effetti della crisi economica negli ultimi anni non hanno risparmiato il gruppo Coin. La chiusura dello storico punto vendita in piazzale Loreto costituisce una spia di questo periodo difficile. In base all’indagine condotta dall’Ufficio Studi di Mediobanca e pubblicata nel monumentale Annuario R&S, il gruppo Coin Spa risulta in perdita dall’anno 2011-12. I dati relativi al 2014-15 segnano un passivo di 89,1 milioni di euro. L’anno più difficile è stato però il 2012-2013, quando le perdite sono state pari a 93,4 milioni di euro. Conti difficili da digerire per un’azienda che, ancora nel 2010-11, risultava in utile per 48,2 milioni.

Ci auguriamo che Coin torni presto a ripetere i successi degli anni d’oro.

Sala e Balzani: due idee diverse su Milano

Qualcosa, sia pur lentamente, si sta muovendo in vista delle elezioni comunali che si terranno a Milano il prossimo anno. E’ di oggi la notizia che l’assessore al bilancio della giunta Pisapia, Francesca Balzani, si è candidata nel centrosinistra per la corsa a Palazzo Marino. Il suo avversario, Giuseppe Sala, non ha ancora sciolto la riserva ma è certo che sarà il principale avversario della Balzani alle primarie che si svolgeranno il 7 febbraio.

Mentre a sinistra cominciano ad accendersi i riflettori, nel centro destra è buio completo. In effetti si è candidato Corrado Passera alla testa di un partito, Italia Unica, che mira a raccogliere il consenso di un elettorato che non si riconosce né in Salvini né in Renzi. L’impressione tuttavia è che qui si navighi ancora in alto mare. C’è poi il centro destra in cui domina ancora la figura di Berlusconi, che non ha ancora scelto in via definitiva il candidato sindaco, consapevole che le elezioni amministrative del 2016 saranno un terreno molto spinoso.

Giuliano_Pisapia_in_Piazza_Scala_a_Milano,_27_giugno_2012
Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano dal 2011

Il centro sinistra ha una marcia in più. Può contare sugli ottimi risultati conseguiti in questi anni dalla giunta Pisapia. Per chi si trova all’opposizione è veramente difficile convincere i cittadini che a Milano le cose vanno male, che la città si trova in condizioni peggiori rispetto a cinque anni fa. Tutti gli indicatori dicono il contrario e questo non solo per merito di Expo. E’ il risultato di un lavoro umile, trasparente, al servizio della città che l’amministrazione Pisapia ha saputo portare avanti grazie a un dialogo costante con la società civile. A Milano ci sono quartieri che sono “letteralmente” rinati. Basti pensare – per non fare che un esempio emblematico – al significato che ha avuto la Darsena per la valorizzazione del patrimonio culturale dei navigli milanesi. Certo, sono ancora molti i problemi da risolvere: penso all’edilizia popolare, al recupero degli scali ferroviari dismessi, al rafforzamento dei piani antismog, all’aumento ulteriore delle aree verdi.

Oggi però Milano si trova ben piazzata nelle classifiche internazionali delle città da visitare. Sarà difficile per il centrodestra competere “alla pari” alle prossime elezioni comunali. L’alternativa a Pisapia – ammesso e non concesso che di alternativa si possa parlare – si giocherà piuttosto all’interno del centro sinistra milanese. Per questo motivo le primarie del 7 febbraio assumeranno un peso determinante per il futuro della metropoli. Gli elettori saranno chiamati a scegliere sostanzialmente tra due persone che rappresentano due modi diversi di pensare al futuro della città; due idee che a ben vedere, lungi dall’essere in opposizione, possono integrarsi a vicenda.

Giuseppe Sala
Giuseppe Sala, Commissario unico di Expo 2015

Giuseppe Sala (classe 1958) proviene dal mondo dell’imprenditoria. Non occorre ricordare i ruoli importanti che ha rivestito in Pirelli e in Telecom. Gli italiani, presso i quali gode di una meritata popolarità, lo conoscono soprattutto come il commissario unico di Expo che ha lavorato a testa bassa per allestire una Esposizione Internazionale che fosse all’altezza di un grande Paese come l’Italia. Il risultato non è stato eccellente ma di questo non si può dar la colpa a Sala. Si era partiti in clamoroso ritardo (per colpa dei politici), c’erano stati numerosi arresti per corruzione tra i manager chiamati a gestire le varie parti di Expo. Sala si è speso anima e corpo per evitare a tutti i costi che il Paese facesse una pessima figura a livello internazionale. Se questo risultato è stato raggiunto, lo dobbiamo a lui, all’azione di Cantone contro la corruzione e alla sinergia tra le istituzioni: Stato, Regione Lombardia e Comune di Milano. Certo, si poteva fare meglio ma quel che importa è che ne siamo usciti bene.

Quali sono le doti sulle quali Sala può contare qualora fosse eletto Sindaco di Milano? Ha la capacità di produrre risultati in tempi certi, quell’operosità tipicamente milanese abituata a ragionare per obiettivi che è necessaria per chi vuole amministrare un Comune importante come Milano. Sala ha sostenuto che da sindaco il suo impegno sarà di rendere Milano una città aperta a tutti, puntando sulle periferie e sui Comuni circostanti mediante il rilancio della Città metropolitana. La città ambrosiana, – ha detto – deve “cessare di essere una Milano da bere per pochi, deve divenire una Milano da bere per tutti”. La critica è qui implicitamente all’amministrazione Pisapia, che non si sarebbe spesa a sufficienza per investire nella dimensione metropolitana di Milano.

Francesca Balzani con Pisapia
Francesca Balzani con Giuliano Pisapia

Veniamo ora all’assessora al bilancio Francesca Balzani. E’ più giovane di Sala, ha 49 anni. Non è milanese. E’ originaria di Genova ma – come si suol dire a giorno d’oggi – si considera “milanese d’adozione”. Da 20 anni vive nel capoluogo lombardo, una città che ama moltissimo perché – dice l’assessora – l’ha fatta sentire parte di una comunità. Attualmente è vicesindaco nella giunta Pisapia. La sua diversità da Sala è nello stile e nel metodo. Nello stile perché, diversamente dal commissario di Expo, la Balzani ritiene che Milano debba continuare nella strada imboccata da Pisapia. Vorrebbe che la città fosse ancora più sensibile a un cultura civica che investa sulla mobilità sostenibile per migliorare la salute dei cittadini, l’ambiente e la vivibilità.

La diversità da Sala è anche nel metodo. Sala ha il piglio del manager, dell’uomo forte che decide, impone la sua linea e porta a termine il suo compito. Sembra un po’ il Mr Wolf del celebre film Pulp Fiction di Tarantino: risolve problemi. La Balzani rappresenta per converso quell’anima comunitaria che è il lascito più prezioso della giunta Pisapia: la capacità di condividere i progetti con la società civile aprendosi agli altri; questo metodo ha saputo fare della comunità milanese un soggetto attivo in cui i cittadini, attraverso gli istituti di democrazia diretta e il decentramento dei municipi di zona, hanno i mezzi per intervenire ed eventualmente correggere i progetti elaborati dal Comune. L’azione amministrativa è qui concepita come il risultato di un confronto con la società, con i cittadini dei quartieri, con le associazioni.

In una recente intervista la Balzani ha sostenuto che intende puntare sulle tre linee guida che sono alla base della giunta Pisapia: a) legalità e pulizia morale nell’esercizio delle funzioni pubbliche: la giunta deve continuare a svolgere il suo compito investendo sulle persone oneste e competenti; b) cultura: occorre che il dialogo con le università continui mediante nuove attività di collaborazione che abbiano quale fine ultimo la valorizzazione del patrimonio storico culturale di Milano; il piano di fattibilità per la riapertura dei navigli in centro città elaborato dal Politecnico grazie al sostegno dell’ex vicesindaco Ada Lucia De Cesaris costituisce uno degli esempi più importanti di questa collaborazione tra Comune/Università: il Comune ha finanziato uno studio di fattibilità per rendere il centro un’area in cui a dominare non sarà più il traffico e lo smog, bensì il verde dei parchi e dei giardini, l’azzurro dei canali navigabili a due passi dalla Madonnina; il rosso delle piste ciclabili e dei percorsi pedonali lungo le vie del centro: un’area in cui i cittadini, oltre a recarsi per lavoro nei palazzi del terziario, potranno fruire di spazi ricreativi, turistici, caratterizzati da un alto standard di vivibilità e di qualità ambientale; c) creatività: occorre proseguire il lavoro di sinergia con il mondo della moda, del design, dell’arte che ha consentito di valorizzare gli spazi urbani rendendo visibile quella capacità d’innovare rivelando soluzioni inedite che è una delle anime caratteristiche di Milano.

Sala e Balzani hanno quindi idee importanti per il governo della città. Sala punterà certamente sull’idea della Città metropolitana, concepita come istituzione di raccordo tra centro e periferia per l’estensione di standard omogenei nel campo dei servizi pubblici, dei trasporti, della viabilità. La Balzani insisterà sui grandi temi della cultura, della mobilità sostenibile, della vivibilità e dell’ambiente. Due idee che sarebbe bene tenere assieme.